Interviste

Intervista all’Avv. Francesco Nirta: tra i temi affrontati il rapporto tra avvocati e magistrati, il ruolo sociale dell’avvocato e la centralità dell’interesse dell’assistito.

Ringrazio l’Avvocato Francesco Nirta per aver accettato l’intervista. Prima di iniziare, mi permetto di presentare brevemente il Collega e lo Scrittore.


Francesco Ettore Nirta: Avvocato e Scrittore

Avvocato del Foro di Locri, Francesco Ettore Nirta è nato a San Luca e vive a Bianco. Ha trascorso gli anni giovanili ad Amalfi, dove ha compiuto i primi studi, e a Napoli, dove si è laureato in giurisprudenza. Affermato Avvocato civilista, magistrato onorario e scrittore ha pubblicato il romanzo “Un giudice in prima persona” (2008), il volume di racconti “Vicende di gente d’onore” (2012). L’ultimo lavoro dell’Autore, “Un Prete“, è stato pubblicato nel 2017 dalla prestigiosa casa editrice Rubbettino.


Il rapporto tra avvocati e magistrati

Domanda (Avv. Leo Stilo): Secondo Lei, nel corso degli anni è mutato il rapporto professionale e istituzionale tra avvocati e magistrati durante lo svolgimento delle udienze ? Se sì, definirebbe tale mutamento “positivo” o  “negativo” e quali sono, secondo Lei, le cause di tale cambiamento ?

Risposta (Avv. Francesco Nirta): Dal punto di vista istituzionale – inteso come rapporto tra le diverse funzioni – non è cambiato nulla. Il rapporto professionale, invece, è cambiato, e non positivamente, perchè giudici ed avvocati interpretano il proprio ruolo spesso in maniera distorta. Il giudice stenta spesso a capire la differenza tra potere e funzione, l’avvocato concepisce la dialettica come diritto di sostenere le proprie tesi anche oltre il limite della dignità intellettuale e personale. Se il giudice considerasse la causa come momento della vita dei contendenti invece che come dato burocratico da trattare secondo sue personali esigenze scandite da tabelle insindacabili, e se l’ avvocato capisse che la difesa delle ragioni del suo cliente non può spingersi fino a sostenere tesi palesemente insostenibili e fino a valicare i limiti del rispetto verso il giudice, i testimoni e il collega di controparte, avremmo udienze di diverso spessore. Ovviamente, ciò è quel che accade di frequente, ma è innegabile che ci siano giudici e avvocati di diverso sentire e comportamento.


Il ruolo sociale dell’Avvocato: gli aspetti positivi di una dimensione “artigianale”

Domanda (Avv. Leo Stilo): Rispetto al passato, secondo Lei, esiste ancora un ruolo “sociale” dell’avvocato o la professione forense è ormai paragonabile a una mera prestazione di servizi che segue esclusivamente le regole del mercato ?

Risposta (Avv. Francesco Nirta): Il ruolo sociale dell’avvocato è insostituibile, tutto dipende dal modo con cui i singoli lo interpretano. Certo, è sotto gli occhi di tutti che il formarsi di grossi studi professionali ha ridotto al minimo il contatto personale tra avvocato e cliente, per cui è sufficiente per adempiere al mandato professionale redigere gli atti, rispettare i termini di decadenza e comunicare al secondo l’esito. La distribuzione delle cause fra i legali dello studio annichilisce il rapporto fiduciario e burocratizza il patrocinio e spesso impedisce di cogliere i motivi autentici che spingono la parte a ricorrere al giudice. I nostri studi professionali avranno meno nomi sulla carta da lettere, non si fregeranno di clienti “multinazionali”, ma possono vantare avvocati che, in virtù del continuo contatto personale, conoscono a fondo l’interesse autentico del cliente, che possono consigliare opportunamente e soprattutto, frequentano personalmente i tribunali. E’ grazie a questi studi “artigianali “ che il ruolo sociale dell’avvocatura sopravvive.


Brevità e chiarezza: due direttive professionali e narrative

Domanda (Avv. Leo Stilo):  Quanto ha influito la sua esperienza professionale nella scelta degli argomenti e dello stile narrativo dei suoi libri ?

Risposta (Avv. Francesco Nirta): A rifletterci, ogni causa, in quanto ha per oggetto vicende umane, può dare spunto per un’opera letteraria, con la quale ha in comune la necessità di far comprendere al lettore ciò che è chiamato a leggere, giudice o solo appassionato di letteratura che sia; e di non rendergli faticosa la lettura. Ai miei libri, come ai miei scritti difensivi, riconosco due pregi: brevità (nei limiti consentiti dalla vicenda o dall’argomento) e chiarezza, secondo l’aureo insegnamento di Calamandrei. Quanto agli argomenti, alcuni nascono da esperienze professionali, altri da osservazioni che ne esulano. Le anticipo che sto lavorando ad un libro di vita giudiziaria vista in chiave umoristica con la speranza (o l’illusione ) che induca tutti i soggetti del processo – giudici, avvocati, consulenti tecnici –  ad un maggior senso della misura.


Il successo si acquisisce col tempo e quasi senza accorgersene

Domanda (Avv. Leo Stilo):  Il mondo dell’Avvocatura, in particolare quella del Foro di Locri, vive un momento di particolare difficoltà economica che si ripercuote profondamente nella quotidiana attività professionale. Nonostante queste difficoltà, alla luce della Sua esperienza, cosa si sente di dire ai giovani Colleghi che hanno deciso di intraprendere questa professione ?

Risposta (Avv. Francesco Nirta): Ai giovani colleghi mi sento di consigliare questo: scegliere per il tirocinio uno studio dove possano fare pratica autentica;  che nelle udienze si accostino al banco del giudice per acquisire dai colleghi più anziani “l’arte“ di stare in udienza; che, patrocinando le prime cause, sollecitino i consigli del proprio “mentore “; che abbiano pazienza perché l’avvocatura è professione in cui il successo si acquisisce col tempo e quasi senza accorgersene; che non considerino la causa “un affare proprio“ ma ricordino che la fiducia del cliente va ricambiata tutelandone al meglio gli interessi.


La chioma di un albero dipende dalle radici e dal terreno

Domanda (Avv. Leo Stilo): L’attaccamento alle proprie origini ed ai valori fondanti di un territorio come il nostro possono rappresentare dei punti di forza negli inevitabili alti e bassi della professione e della vita in genere ?

Risposta (Avv. Francesco Nirta):  Certo ! La chioma di un albero dipende dalle radici e dal terreno che le nutre; e non sempre per coglierne i frutti basta allungare la mano, talvolta occorre arrampicarsi.


Ringrazio l’Avv. Nirta per aver risposto alle domande ricordando ai lettori di Diritto Locrese il titolo dell’ultima opera del Collega:

Titolo Un Prete

Rubbettino Editore, Narrativa, Narrativa moderna e contemporanea

Collana: Patipatisse

2017, pp 142 – isbn: 9788849851649

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