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Il frammento di Zaleuco: a Locri un divieto contro la schiavitù

Tra le testimonianze frammentarie che ci sono giunte della legislazione di Zaleuco, leggendario nomoteta di Locri Epizefiri, spicca un principio straordinario per il suo tempo: il divieto di possedere schiavi.

In un contesto storico, quello della Magna Grecia del VII/VI secolo a.C., in cui la schiavitù era considerata una normale conseguenza della guerra o del debito, questa norma appare quasi anacronistica. Eppure proprio da Locri, una delle colonie più fiorenti e raffinate della costa ionica, emerge la traccia di una legge che proibiva di ridurre altri uomini in schiavitù.

Si tratta di un frammento che è sopravvissuto solo grazie a richiami successivi di autori antichi e a ricostruzioni indirette, ma sufficiente a mostrare quanto fosse avanzata — sul piano etico e giuridico — la riflessione locrese sulla dignità umana. Una dignità riconosciuta oltre i rapporti di forza, oltre la violenza, oltre la convenienza economica.

Questo piccolo brandello di diritto, venuto a noi dai margini della storia, conserva un valore universale. È un monito che attraversa i secoli e arriva fino alla nostra coscienza, ricordandoci che il rispetto dell’uomo, prima ancora che un fatto giuridico, è una scelta di civiltà.