Senza categoria

L’inganno perpetrato dai Locresi ai danni dei Siculi

L’inganno perpetrato dai Locresi ai danni dei Siculi rappresenta uno degli esempi più emblematici della cultura greca classica, in cui astuzia e sapienza retorica si fondono magistralmente, delineando chiaramente le peculiarità identitarie dei colonizzatori.

Secondo la tradizione riportata da diverse fonti antiche, quando i coloni greci giunsero sulle coste della Calabria, nella regione dove sarebbe sorta Locri Epizefiri, si trovarono davanti a una situazione delicata. Le terre migliori erano già occupate da una popolazione autoctona, i Siculi, che abitavano quei luoghi da tempo e non erano intenzionati ad abbandonarli.

La contesa, dunque, non poteva essere risolta con la semplice forza delle armi, poiché avrebbe comportato perdite ingenti e problemi diplomatici duraturi. Serviva un’alternativa più sottile, capace di aggirare il conflitto diretto, garantendo comunque ai coloni greci il possesso legittimo delle terre tanto desiderate.

In questo contesto nacque lo stratagemma, abilmente orchestrato per aggirare, con eleganza e raffinatezza giuridico-religiosa, l’impegno solenne che i Locresi avrebbero preso nei confronti dei Siculi. Il patto consisteva in un giuramento ben preciso: i coloni promettevano solennemente che avrebbero condiviso quelle terre con gli indigeni fino al giorno in cui avessero continuato a calpestare la stessa terra e a portare la testa sulle proprie spalle. Un patto chiaro, apparentemente inattaccabile nella sua formulazione, ma che i coloni interpretarono con sottile malizia.

Infatti, nel momento in cui i greci pronunciarono quel giuramento sacro, sotto i sandali avevano già collocato della terra portata dalle proprie terre d’origine, evitando così, con un semplice artificio, di poggiare effettivamente il piede sulla terra promessa ai Siculi. Allo stesso tempo, sulle loro spalle non portavano teste umane, ma teste d’aglio accuratamente nascoste sotto mantelli e drappi. L’ingegnoso espediente assicurava che il giuramento non fosse vincolante secondo la lettera della promessa, che esplicitamente parlava di “terra calpestata” e di “teste portate sulle spalle”.

Appena pronunciato il giuramento, i greci si liberarono con rapidità della terra dei loro sandali e delle teste d’aglio, dichiarando dunque formalmente e simbolicamente sciolto l’impegno preso. Forti di questa interpretazione ingegnosa, considerarono nullo il vincolo morale e giuridico e, immediatamente dopo, attaccarono e scacciarono i Siculi dal territorio, impossessandosene definitivamente.

Questo episodio, tramandato attraverso le generazioni, rispecchia perfettamente alcuni tratti salienti della mentalità greca classica: non solo la centralità della parola, del giuramento e della legge, ma anche e soprattutto l’abilità intellettuale nell’utilizzare tali strumenti per fini politici e strategici. Inoltre, il mito fornisce una potente legittimazione retroattiva alla conquista territoriale, offrendo una giustificazione morale e rituale all’insediamento dei coloni greci.

Fonti antiche descrivono con approvazione simili inganni, sottolineando come fossero considerati non solo tollerabili, ma addirittura ammirevoli in un contesto bellico e coloniale. Del resto, nella concezione classica greca, l’intelligenza e l’astuzia prevalevano sovente sulla forza bruta, valorizzando in particolare il potere della parola, della retorica e della diplomazia.

La leggenda dell’inganno dei Locresi, dunque, non rappresenta soltanto una narrazione mitica delle origini, ma un autentico manifesto culturale, un tratto distintivo della polis di Locri, che attraverso questo racconto fondativo sottolinea e rivendica il proprio diritto ad abitare e governare un territorio acquisito non solo grazie al coraggio, ma soprattutto grazie alla superiore capacità intellettuale e strategica dei suoi padri fondatori.